Ogni specie animale, compresi noi umani, ha una propria mente. Come funziona quella del cavallo?
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STORIE DI RICONOSCIMENTO INDIVIDUALE NEL CAVALLO
L’uomo comincia ad interessarsi all’identità degli individui della sua stessa specie durante l’infanzia. Già dai 6-10 mesi d’età i bambini riescono a riconoscere alcuni stimoli visivi o uditivi come appartenenti alla specie umana. Negli animali saper riconoscere i membri del proprio gruppo è la forma più raffinata di categorizzazione degli altri e va di pari passo con l’evoluzione di tutti i comportamenti sociali. I gruppi sociali infatti, sono organizzati come grandi famiglie che cooperano per scopi comuni; in questa prospettiva sapere chi appartiene al proprio gruppo può fornire una serie di vantaggi. Dimostrare la capacità di riconoscere un individuo da un altro si basa sul paradigma per cui (i) la discriminazione deve avvenire, per l’appunto a livello individuale (tu non solo appartieni al mio stesso gruppo, sei proprio l’individuo Tal dei Tali); ma soprattutto una sorta di sovrapposizione dovrebbe verificarsi tra l’informazione appena ottenuta sull’ individuo (la voce, una foto, un odore) e ciò che è stato precedentemente immagazzinato nella memoria riguardo quello stesso individuo (ii). Basti pensare a quanto spesso si associa un profumo ad una persona; nel momento in cui si percepisce lo stimolo olfattivo (profumo) probabilmente perché quella persona si trova nella nostra stessa stanza, questa immagine certa si sovrappone contemporaneamente a quella in cui nei nostri ricordi, quella persona profumava allo stesso modo.
La sfida per il mondo scientifico è quella di capire se e quali animali siano capaci di unire tra loro, una volta percepite, tutte le informazioni possibili riguardanti un proprio simile (siano esse vocalizzazioni, odori, immagini) per creare una rappresentazione specifica dello stesso e riconoscerne l’identità tra tanti. A prescindere dal canale utilizzato per produrre/recepire l’informazione (uditivo, visivo, olfattivo e così via) è possibile unire i pezzi del puzzle per ottenere un’unica, inconfondibile immagine di un individuo specifico. Questa capacità viene definita cross-modale, poiché le modalità di produzione e percezione degli stimoli vengono tra di loro incrociate. Della serie: “parla”, fatti vedere, fatti annusare.. e (in qualche modo) ti dirò chi sei!
Nel 2009 Proops, McKomb e Reby hanno dimostrato che in particolare un animale, il cavallo, è capace di riconoscere i propri simili utilizzando appunto un processo cross-modale. Non era la prima volta che si sentiva parlare di riconoscimento individuale nella comunità scientifica, d’altronde solo tre anni prima (nel 2006) Ghazanfar e Schroeder avevano ipotizzato che la natura stessa della neocorteccia cerebrale (presente in tutti i mammmiferi) fosse multi-sensoriale, cioè capace di registrare e utilizzare gli stimoli usando tutti i sensi a disposizione. Questa originale prospettiva sembrerebbe conferire a tutti i mammiferi la suddetta capacità di riconoscimento cross-modale. Nell’esperimento di Proops e colleghi, ad un cavallo A veniva fatto vedere un compagno B del suo stesso gruppo sociale (stimolo visivo) che, non molto lontano da lui (potenziale stimolo olfattivo), scompariva poco dopo al di là di una struttura. Dopo un breve intervallo (10 secondi) venivano riprodotti due tipi di vocalizzazioni (stimolo uditivo):
Secondo il processo cross-modale, nel cavallo A una volta percepito lo stimolo visivo riguardante il cavallo B, dovrebbe attivarsi una sorta di rappresentazione multi-modale di B già immagazzinata nella memoria di A, il quale “si aspetta” conseguentemente uno stimolo uditivo congruente allo stimolo visivo e dunque appartenente a B. Nei casi in cui lo stimolo uditivo non era quello congruente (perché appartenente al cavallo C) il cavallo A, trovava violata la sua aspettativa. La violazione dell’aspettativa dei cavalli testati veniva valutata dagli autori in termini di tempo di risposta alla vocalizzazione, più veloci nei casi di non congruenza; inoltre i cavalli tendevano a guardare più a lungo nella direzione di provenienza del suono quando lo stimolo uditivo non era quello che si aspettavano. Per la prima volta quindi veniva proposto un parallelismo tra l’animale domestico e l’uomo nel campo del riconoscimento individuale, mostrando come alcuni animali non umani siano capaci di creare rappresentazioni del mondo sociale a cui appartengono.
Da un certo punto di vista per gli animali domestici come il cavallo, l’uomo rappresenta un partner sociale significativo e con cui spesso si ha addirittura più a che fare, rispetto ai propri simili. Potrebbe essere quindi vantaggioso stringere un buon rapporto con i membri di altre specie e di conseguenza, sviluppare l’abilità di riconoscerli. La storia condivisa dell’uomo e del cavallo, di pari passo al processo di domesticazione, fornisce una base perfetta per lo studio del riconoscimento cross-modale etero-specifico, ovvero che si verifica tra due specie diverse.
Nel 2012 sono stati pubblicati due lavori sull’argomento, uno dagli stessi Proops e McKomb ed un altro da Lampe e Andre. Il disegno sperimentale di Proops e McKomb per il riconoscimento cavallo-uomo assomigliava molto a quello utilizzato dagli stessi autori per la dimostrazione del riconoscimento cavallo-cavallo: gli animali in questo caso avrebbero dovuto saper utilizzare lo stimolo uditivo (voce registrata) congruente allo stimolo visivo (le persone si trovavano davanti a loro) per discriminare una persona a loro familiare da una a loro sconosciuta. I soggetti testati guardavano più velocemente, più a lungo e più spesso alla persona loro familiare quando ne avevano appena sentito la voce, rispetto a quando sentivano la voce registrata di una persona a loro sconosciuta (Immagine 2).
Dunque i cavalli erano capaci di associare la voce familiare con la persona familiare, ma non accoppiavano la voce sconosciuta alla persona sconosciuta. L’abbinamento della persona conosciuta con la sua voce (congruenza), non riflette una preferenza spontanea a guardare verso la persona familiare, ma indica piuttosto un’associazione cross-modale tra lo stimolo uditivo e quello visivo. Inoltre i cavalli si sono dimostrati capaci di abbinare una specifica voce familiare con una specifica persona familiare. Questo indica che la vista di quella particolare persona conosciuta ha attivato la memoria multimodale riguardante quell’individuo, permettendo così al cavallo di collegare l’immagine al suono.
Ancor più simile a quello di Proops e colleghi (2009) è il disegno sperimentale di Lampe e Andre: il cavallo veniva approcciato (stimolo visivo) e toccato (stimolo olfattivo) per circa un minuto da una persona a lui familiare/non familiare, la quale poco dopo scompariva dietro una struttura. Da lì veniva successivamente riprodotta una registrazione vocale congruente alla persona appena vista o incongruente ad essa (stimolo uditivo). I risultati sono stati i seguenti:
Nonostante la variabilità degli approcci e dell’interpretazione dei risultati, da questi lavori emerge chiaramente che la familiarità con individui di una specie diversa dalla propria permette di processare le informazioni sull’identità degli stessi tramite un procedimento identico a quello che si utilizza con i propri simili. Questo suggerirebbe che il riconoscimento individuale cross-modale di cui sono capaci i cavalli è altamente plastico e può adattarsi alla decodificazione dell’identità di individui morfologicamente diversi dai cavalli stessi; è come se questi animali applicassero una formula per capire chi hanno davanti, sia esso uomo o cavallo.
Queste ricerche, insieme ad altre, permettono di esplorare le radici della peculiare relazione che può crearsi tra cavallo e cavaliere, la quale non è una banale collaborazione tra specie bensì un consapevole rapporto uno a uno.
BIOLOGA ED ETOLOGA
Bibliografia: